Bollandia e il Coronavirus

Bollandia e il Coronavirus

 

Molto molto tempo fa, una Fata speciale di nome Iride aveva portato i suoi piccoli bambini, Rosso, Arancione, Giallo, Verde, Azzurro, Indaco e Viola, in un pianeta lontano, lontano, chiamato Bollandia. Era un posto silenzioso e triste, senza colore, era come un disegno in bianco e nero, ma i sette Bambini-Colori, in poco tempo lo trasformarono in un luogo bellissimo. A ognuno di loro Iride aveva fatto un dono speciale: Rosso aveva ricevuto il dono “Io esisto”, Arancione “Io sento”, Giallo “Io posso”, Verde “Io amo”, Azzurro “Io dico”, Indaco “Io vedo” e Viola “Io so”.

E dopo essere andati a scuola dai Grandi Maestri sulla Montagna Argentata, i Bambini-Colori erano diventati i Maestri-Arcobaleno. Allora avevano deciso di scendere sulla Terra per portare i loro doni agli uomini e adesso erano ritornati a Bollandia.

 

– Bentornati! – esclamò Iride con il sorriso sulle labbra e le braccia aperte verso i suoi Ragazzi-Colori.

Ma poiché non li aveva mai visti così tristi chiese – Cosa sono quelle facce? – su, ditemi, com’è andata sulla Terra? Siete riusciti a passare agli umani i vostri preziosi doni?

Nessuno dei sette Maestri aprì bocca.

 Con loro c’erano anche gli amici che li avevano aiutati nell’impresa, ma nemmeno loro osavano pronunciarsi. Non parlava il Lupo, che era diventato buono e non mangiava più gli animaletti del bosco, non parlava neppure il Grillo Parlante, che di solito non era mai stanco di dare consigli a destra a manca. Anche Mago Merlino, con la sua meravigliosa sfera magica in mano, taceva. E stava zitta pure la strega Cattiva, che cattiva non era più, grazie al bacio che le aveva dato Indaco. Addirittura la Rana dalla Bocca Larga, che non smetteva mai un secondo di gracidare raccontando tutto a tutti, ora, teneva la bocca ben chiusa.

 Tutti stavano in silenzio, con la testa bassa ad aspettare che qualcuno dei Maestri-Colori parlasse per primo.

Erano convinti che a raccontare quello che era successo sarebbe stato Azzurro dato che, era lui che aveva ricevuto il dono magico di parlare e di cantare, e di solito non smetteva un secondo di dire “Io dico”.

Ma neppure Azzurro si decideva a parlare.

– Adesso basta con questo silenzio! Mi volete dire cosa è successo sulla Terra? – disse Iride alzando il volume della voce, anche se, visto che era una Fata conosceva già i fatti meglio di chiunque altro. Faceva così perché non sapeva come dir loro che l’indomani mattina avrebbero dovuto tornare sulla Terra per una terribile emergenza.

Alla fine la Rana dalla Bocca Larga, che non ne poteva più di tenere la bocca chiusa, gracidò – Cra cra cra, su ragazzi, dite che razza di testoni sono gli uomini.

– Beh, è vero, fanno cose inconcepibili. Con le loro azioni fanno del male a se stessi e al loro pianeta. Non sono tutti così però – disse finalmente Azzurro.

– E’ vero, non tutti, ma i testoni sono molti, moltissimi! E non hanno nessun rispetto per la natura e per gli animali – si affrettò ad aggiungere Giallo. Era quello che aveva ricevuto da Iride il dono “Io posso” e aveva imparato che si poteva fare tutto ciò che si voleva a patto che si rispettassero gli altri e la natura.

– Però come potevamo passare loro i doni se non ci potevano né sentire né vedere! – chiese Azzurro.

– Già! Per quale motivo prima di partire non ci hai detto che non ci avrebbero né sentiti né visti? – chiese tutto agitato Rosso.

Tra una parola e l’altra si misero a parlare tutti insieme, chi raccontando com’era andata, chi lamentandosi, chi urlando di parlare uno alla volta. L’unico che sembrava essersi divertito e di divertirsi anche in quel momento era Arancione. Infatti con il suo dono, “Io sento”, gli sembrava sempre tutto un gioco.

 State zitti ragazzi, ascoltate ciò che ha da dire vostra madre – Frinì d’improvviso il Grillo Parlante saltando in groppa al Lupo che con un ululato quasi coprì le parole del Grillo.

– Non ve l’ho detto prima perché altrimenti non sareste partiti – disse Iride – però poi mi è dispiaciuto e allora ho mandato il Grillo Parlante per avvisarvi. Comunque, vi ho messo alla prova per scoprire se avevate imparato a usare i doni.

– Ma mamma! Siamo stati a scuola sulla Montagna Argentata apposta per imparare! – disse Viola sul punto di piangere – e i Grandi Maestri ci hanno dato il diploma di Maestri-Arcobaleno, non lo ricordi? Io ho imparato a usare bene il dono “Io so”, so che possiamo essere uniti anche se non siamo vicini.

– Hai ragione Viola, perdonatemi ragazzi – disse Iride coprendosi il viso con le mani.

– Certo che ti perdoniamo mamma! – esclamò Verde abbracciandola. Lui era quello dal cuore tenero e per questo motivo Iride gli aveva fatto il dono “Io amo”.

– Non mi importa più della Terra. Ora per fortuna siamo a casa! Potremmo organizzare una bella festa, che ne dite? – chiese Arancione ai fratelli.

– E no, non penso proprio – disse Mago Merlino guardando nella sfera magica ciò che stava accadendo sulla Terra – ho paura che vostra madre abbia ancora qualcosa da dire.

Infatti la Fata con voce molto seria disse – So che siete stanchi e provati dal viaggio, ma purtroppo sulla Terra gli uomini hanno bisogno di voi.

Un – Noooooo! – uscì dalla bocca dei sette fratelli.

Ma Indaco, che vedeva più lontano di tutti perché aveva ricevuto il dono “Io vedo”, li calmò – Fratelli, dobbiamo andare, non possiamo abbandonare gli uomini, bisogna aiutarli. Abbiamo ricevuto i doni per passarli agli altri.

Giallo sospirò e disse – ripensandoci, io ci ritornerei volentieri sulla Terra, voglio vedere se i miei amici sono riusciti a salvare il passerotto.

– Bene! – esclamò Iride – allora è deciso: partiremo tutti insieme domani mattina col tappeto che le fate hanno fatto apposta per noi. E le Cicogne ci aiuteranno a scendere sulla Terra. Questa sera andremo sulla Montagna Argentata dai Grandi Maestri, loro ci diranno cosa fare per aiutare gli uomini.

I Grandi Maestri raccontarono che un piccolo essere, un minuscolo essere, chiamato Coronavirus, che si poteva vedere solo con apposite lenti, aveva attaccato gli uomini e li faceva ammalare fino a togliere loro il respiro. Il primo luogo che Iride e i fratelli avrebbero dovuto visitare si chiamava Italia. L’avrebbero riconosciuto perché aveva la forma di un grande stivale. Qui quel cattivo nemico aveva colpito con crudeltà i suoi abitanti che erano gente buona e che sembravano essere pronti per il “Risveglio”. Così avevano detto i Grandi Maestri.

– E gli altri paesi? Non aiutiamo anche loro? – chiese Verde con le mani sul cuore.

– Certo! – rispose il più anziano dei Maestri – li aiuterete tutti, ma in questo momento il paese che ne ha più bisogno è l’Italia.

Il mattino seguente, all’alba, tutti salirono sul tappeto e le Cicogne tenendo gliangoli con il becco si diressero veloci in picchiata verso la Terra.

– Mi raccomando, adesso tenetevi stretti per mano come vi hanno detto i Maestri, stiamo già sorvolando l’Italia – gridò Iride contrastando l’aria che le entrava in bocca per la gran velocità con la quale stavano sorvolando quel “Bel Paese”.

I Grandi Maestri avevano insistito nel dire che uniti si vince e sempre e solo unendo le forze si realizzano imprese che sembrerebbero impossibili.

I sette fratelli dell’Arcobaleno cominciarono a disegnare con i loro vivaci colori frasi che spiegavano come utilizzare i doni.

Presto però, si accorsero che le strade e le piazze erano vuote e le poche persone che si vedevano, camminavano veloci e solitarie con la testa bassa stando lontane l’una dall’altra con la bocca coperta da una mascherina.

– Che peccato! Se non alzano gli occhi non possono vedere i colori e nemmeno i nostri messaggi – esclamò Rosso deluso.

– La stessa musica dell’altra volta, neanche adesso si accorgeranno di noi – brontolò Azzurro.

– Sarà meglio tornare a casa – disse Giallo.

– No! Non possiamo abbandonarli, li hanno costretti a rimanere chiusi nelle loro case per fermare il contagio e loro stanno ubbidendo e si stanno comportando come devono per non ammalarsi – sospirò Iride con le lacrime agli occhi.

D’improvviso sentirono una vocina provenire da un balcone – Guardate, guardate quanti arcobaleni! – diceva una bambina con i capelli raccolti in due codine come quelle di Viola.

– Che bello, gli arcobaleni! – gridò un altro ragazzino da un altro terrazzo.

E così di balcone in balcone, di finestra in finestra, di giardino in giardino, tanti e tanti bambini con il naso all’insù guardavano i Maestri-Arcobaleno colorare il cielo di parole.

– Scrivi Rosso, svelto non ti fermare, cra cra cra – lo incitò la Rana dalla Bocca Larga.

E lui scriveva: “Io esisto” e anche voi esistete, ripetete questa frase battendo i piedi a Terra e la paura diventerà coraggio.

– Forza Arancione – lo esortò Mago Merlino – continua a scrivere, continua!

E anche Arancione scriveva: “Io sento” e anche voi sentite, ripetete queste parole appoggiando le mani sotto l’ombelico e fate tutto ciò che vi fa stare bene, senza però far male a voi stessi o agli altri, così dimenticherete il senso di colpa.

– Vai Giallo scrivi – ululò il Lupo.

E Giallo piroettando scriveva: “Io posso” e anche voi potete, ripetetelo con me mettendo le mani sopra l’ombelico. Siate sicuri di voi stessi, sperimentate cose nuove ricordandovi di rispettare gli altri e non proverete mai più il sentimento della vergogna.

– Su, coraggio Verde, colora – frinì il Grillo Parlante che aveva un debole per lui.

E Verde, volteggiando come una farfalla con il suo colore, scriveva: “Io amo”, ripetetelo senza stancarvi, e soprattutto amate voi stessi, solo così se ne andrà tutto il dolore che provate.

– Scrivi, scrivi, non stancarti Azzurro – cantarono all’unisono le quattro Cicogne.

E Azzurro cantando come un uccello scriveva: “Io dico”, e voi dite sempre ciò che vi viene dal cuore e lasciate andare ciò che del cuore non è. Solo così le vostre parole sbocceranno come fiori profumati.

– Indaco, non fermarti – disse la Strega Cattiva che ora era buona.

E Indaco scrutando i cieli con il terzo occhio scriveva: “Io Vedo” e anche voi se guardate attentamente potete vedere l’invisibile e vedere le parole che la primavera vi sta dicendo.

– Forza Viola scrivi, sei tutti noi – gridarono battendo le mani tutti insieme.

E Viola, la più giovane dei fratelli, si commosse e continuò a scrivere: “Io So” e se vi ascoltate bene anche voi sapete che l’attaccamento alle cose porta lontano dalla felicità. Quindi lasciate che sia, fidatevi della natura, ci penserà lei a sistemare tutto. Io so e anche voi sapete che andrà tutto bene, finirà presto questo momento difficile e tornerete ad abbracciarvi con un sentire nuovo, più consapevole.

E Fata-Iride disse – Sono bambini con gli occhi e l'animo puri e io so che impareranno a usare i vostri doni in fretta e sconfiggeranno il virus e saranno tutti felici come noi a Bollandia, perché avranno capito quanto bella e preziosa sia la vita vissuta in armonia con se stessi e con ciò che ci circonda.

E i bambini assorbirono quello che era scritto in cielo e rientrarono in casa senza parlare. Ma ognuno di loro disegnò un arcobaleno scrivendo sotto i messaggi dei doni che i sette dell’Arcobaleno avevano appena insegnato. E i grandi lessero e impararono anche loro.

– Andiamo, qui abbiamo finito, altri paesi ci aspettano – disse Iride orgogliosa dei propri figli.